La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale, oltre che ponderando ulteriori elementi, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, senza mai confondere, però, la durata della convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, né individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso.
E’ quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con la recente ordinanza n.25656 del 13 Novembre 2020.
Spesso quando un matrimonio finisce, tra i coniugi iniziano le liti riguardanti l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa coniugale e in generale i rapporti patrimoniali.
Per questo motivo, affidarsi ad un legale di fiducia e di comprovata esperienza, diventa di fondamentale importanza per gestire la conflittualità, valutare le possibilità di giungere ad una separazione/divorzio consensuale, nonché eventualmente per affrontare efficacemente una separazione/divorzio giudiziale.
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